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Laboratorio Sociale Occupato Autogestito
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Negli scorsi giorni alcuni compagni, legati indissolubilmente al COLLETTIVO AUTONOMO LAVORATORI PORTUALI e a GENOVA ANTIFASCISTA sono stati svegliati nel bel mezzo della notte dalla Digos con dei mandati di perquisizione.
I reati contestati riguardano l’attività sindacale all’interno del porto di Genova, la lotta ai traffici di armi in porto, con preciso riferimento alle lotte nei confronti delle navi Saudite Bahri che con i loro carichi di armi pesanti ed esplosivi continuano ad alimentare i conflitti in Siria e Yemen, e l’antifascismo.
Abitazioni, mezzi privati, sono stati rovistati, telefonini, sim, memorie esterne e pc sono stati sequestrati con l’obiettivo di trovare prove atte a sostenere la tesi della Questura che tenta di creare un “perimetro associativo” all’interno del quale si rischia di rientrare se si conduce un certo tipo di lotte rivendicative sui posti di lavoro e se ci si batte contro lo sdoganamento del fascismo e le parate dei suoi esponenti in città.
Sia ben chiaro, qui nessuno si sente ne vittima, ne santo, ne tantomeno eroe, semplicemente con molta CONSAPEVOLEZZA e RESPONSABILITA’ è stato fatto quello che era GIUSTO fare.
Consapevolezza del periodo storico, delle sue contraddizioni e della società che ci circonda, ma anche consapevolezza delle radici e della storia di questa città troppo spesso calpestate dalle istituzioni e responsabilità in quello che è stato fatto, di ciò che è stato fatto ma anche di ciò che non è stato fatto.
La storia ci insegna che quello che è giusto fare non sempre corrisponde ad un agire in ambito legale, se cosi fosse sarebbe tutto più semplice e probabilmente non saremmo qui.
Giustizia e legalità troppo spesso vengono scambiati per sinonimi ma cosi non è, anzi molto spesso sono in disaccordo tra loro.
La giustizia è altra cosa, poiché, anzitutto, non è definita a priori ma impone uno sforzo riflessivo. Per capire se una data condotta è legale, basta confrontarla con le prescrizioni legislative; per capire se è giusta, è invece necessario sottoporre ad analitico vaglio, ed a profonda critica, i princìpi etici ed i valori morali comunemente accettati, ed eventualmente elaborarne di nuovi. Insomma, educare alla giustizia significa educare alla ricerca attiva, mentre educare alla legalità significa costruire un automa, che il legislatore può plasmare a piacere. Una considerazione banale, consente di evidenziare la profonda differenza che separa i due concetti: un giovane intriso del principio legalista, nella Germania nazionalsocialista, avrebbe denunciato gli ebrei alle autorità, mentre colui che orienta il proprio agire in base al criterio di giustizia, nel medesimo contesto, avrebbe offerto ricovero ai perseguitati. La legalità di per sé stessa, svincolata dalla giustizia, è mera schiavitù masochistica nei confronti di un’autorità che di fatto si legittima in sé stessa.
Consapevolezza, responsabilità e giustizia sono tre valori che hanno sempre caratterizzato l’agire del CALP e di GENOVA ANTIFASCISTA.
Negli ultimi anni a Genova molte sono state le istanze portate avanti dalle compagne e dai compagni, ma sicuramente due sono quelle più importanti e più sentite dai genovesi, la lotta dei portuali contro il traffico delle armi all’interno del porto e la lotta contro lo sdoganamento del fascismo in città, e proprio sulle “azioni delittuose” tenute nel nome di queste battaglie la questura sta tentando di costruire “l’impianto associativo”.
E’ importante rivedere come sono andate le vicende legate a queste lotte negli ultimi anni.
Per quanto riguarda la vicenda del traffico di armi all’interno del porto, si può asserire che dallo sciopero indetto due anni fa per bloccare un carico destinato alla guerra in Yemen su una Bahri, a oggi, passando per la manifestazione di un anno fa contro il transito di esplosivi a bordo di un’altra Bahri dagli USA diretto alla guerra siriana, gli armatori sauditi attraverso l’agenzia genovese Delta e il Terminal di riferimento avevano chiesto a più riprese alla Procura la testa dei portuali del CALP.
Per quale colpa? La colpa di aver messo in pratica in questi due anni, con le associazioni e i movimenti contro la guerra e per i diritti civili ciò che il Parlamento ha approvato poco dopo lo sciopero nel porto di Genova del 2019 e confermato alla fine del 2020: lo stop alla vendita di bombe e missili ad Arabia e Emirati, utilizzati per colpire la popolazione civile in Yemen.
Nel frattempo, la Procura di Roma, pochi giorni ha aperto un’indagine contro i responsabili della RWM Italia produttrice degli ordigni e dell’UAMA, l’agenzia del Ministero degli Esteri che autorizza l’esportazione di armamenti, a seguito delle morti civili procurate in Yemen e documentate da Amnesty International. È di questi giorni la notizia che il Presidente USA Biden ha rivelato che è stato Bin Salman, Principe della Corona dell’Arabia Saudita, a fare scannare il giornalista dissidente Kashoggi nel consolato saudita a Istanbul.
La Procura di Genova sostiene che il CALP si è reso colpevole di avere strumentalizzato la protesta con “dispositivi modificati in modo da renderli micidiali”. I bengala e i fumogeni utilizzati dai portuali per attirare l’attenzione sulle navi dalle stive e i ponti piene di armi e esplosivi diretti a fare stragi sarebbero “micidiali”, non le armi e gli esplosivi caricati sulle navi. In realtà il CALP ha usato un’arma “micidiale”, ossia lo sciopero. Questo ha fatto tremare gli armatori e i terminalisti: non i razzi luminosi e i fumi colorati, ma che il traffico criminale di armi non sia solo criticato idealmente ma sia bloccato materialmente dai lavoratori.
Rivolgiamo un invito alla Digos e alla Procura. Ad acquisire dall’Agenzia Delta e dal Terminal GMT i documenti di carico e di destinazione delle merci trasportate dalle navi Bahri verso gli Stati del Medio Oriente, compresa la Turchia che, denunciata dalla stessa procura per la nave Bana in relazione all’embargo libico, impiega in Siria contro i civili le armi sbarcate dalle Bahri a Iskenderun. Che in particolare a segnalino alla Procura di Roma l’Agenzia Delta quale rappresentante delle navi Bahri che hanno trasportato dall’Italia le bombe della RWM incriminate per la strage civile procurata in Yemen.
Li invitiamo infine a non essere sottomessi alle denunce di chi con ipocrisia e arroganza parla di pace ma vive del commercio delle armi, come ci ha ricordato Papa Francesco: «I lavoratori del porto hanno detto no. Sono stati bravi! E la nave è tornata a casa sua. Un caso, ma ci insegna come si deve andare avanti».
Per quel che riguarda Genova Antifascista si può certamente dire che dal 2017 con l’insediamento della giunta Bucci le formazioni neofasciste in città hanno trovato nelle istituzioni terreno fertile e sponda politica segnando di fatto anche una svolta nella pratica dell’antifascismo in città.
Da subito ci si accorse che la situazione fosse cambiata, il momento storico imponeva un cambio di passo, una pratica costante dell’antifascismo inteso non solo come rappresentanza e testimonianza ma anche e soprattutto come lotta di classe e lotta senza quartiere al fascismo ed ai fascisti.
Iniziarono così i cortei, le chiusure simboliche delle sedi con mattoni ed acciaio liquido, le scritte, gli attacchinaggi, le carovane, le contestazioni ma anche le presentazioni di libri, i progetti nelle scuole, gli spettacoli teatrali la pulizia nei quartieri dei muri imbrattati con luridi simboli nazifascisti e molto altro.
E’ stato sicuramente un periodo nel quale la tensione era palpabile, e nel quale non si è dato un attimo di tregua ai fascisti.
Nella primavera del 2019 la città non ne poteva più, la commemorazione della morte di Ugo Venturini con gli esponenti romani di Casapound con conseguenti scontri fu solo il preludio di quello che sarebbe successo tre settimane dopo in Piazza Corvetto.
A nulla servirono i tentativi di mediazione, le lettere aperte al sindaco e i colloqui in prefettura di varie associazioni, il comizio elettorale di Casapound si doveva fare perchè legalmente nulla poteva impedirlo. Fu la goccia che in città fece traboccare il vaso e che portò migliaia di persone in piazza ed agli scontri con le forze dell’ordine che come la Digos stessa scrive nella richiesta di perquisizioni erano schierate a difesa del comizio.
Questo molto sinteticamente è quanto accaduto negli ultimi anni.
Un appunto in chiusura, nel decreto di perquisizione come già detto, vengono descritti dei semplici razzi da imbarcazione ai quali è stata tolta la parte più “pericolosa” come dispositivi modificati in modo da renderli micidiali. Sia ben inteso a nessuno è mai stato fatto male e nessuno si è mai fatto male.
Micidiali significa: che causa morte.
Sarebbe opportuno ed auspicabile che gli uffici della Digos utilizzino certi termini nei confronti di chi micidiale lo è.
Micidiali sono le armi che viaggiano sulle Bahri, micidiali sono le polveri che escono dalle perforazioni del TAV, micidiali sono i fumi degli scarichi delle navi che respiriamo, micidiali sono i Benetton, e micidiali sono stati Placanica, Di Bernardo e D’Alessandro, micidiali sono le condizioni ed i contratti di lavoro delle ditte subappaltatrici all’interno degli stabilimenti Fincantieri, micidiali potevano essere gli agenti che convinti di avere tra le mani un manifestante hanno picchiato a manganellate il giornalista Stefano Origone… potremmo andare avanti per ore.
In quanto studente, mi permetto di aggiungere un’ultima cosa:
ho studiato che “La legge deve essere rispettata”.
Vero. Va rispettata. Ma non quando calpesta, violenta, infrange i diritti dell’individuo e di conseguenza del collettivo di cui esso fa SEMPRE parte: una simile ingiustizia è tanto grave per i lavoratori del porto quanto per il resto della città. “Genova Portuale” , scriveva Caproni per sintetizzare proprio come il lavoro e la lotta di questi uomini rappresentasse da sempre uno dei più grandi sostentamenti per tutti i genovesi.
Inoltre, per riflettere sul nostro presente, dovrebbe essere utile ricordare che più volte nel corso della storia, dalle leggi razziali in Italia alle leggi marziali in America latina, seppur abominevoli, vennero considerate legge a tutti gli effetti: conosciamo le conseguenze violente e disumane che esse produssero in termini di emarginazione, segregazione, morte di uomini, donne e bambini.
Molti vi si opposero pagando un prezzo altissimo. Anche questo ho studiato e non me lo dimentico. O meglio, tutti coloro che conoscono il vero valore della giustizia (e cioè la possibilità dell’individuo di agire liberamente per una società, un destino comune migliore) non non lo dimenticano… perché, citando Brecht:
quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.