Notizie e approfondimenti locali, peninsulari, insulari e internazionali A cura della Ciurma Pirata di RadioGramma (lunedì) Radiospore (martedì e giovedì), RadioWombat (mercoledì), e RadioForte (venerdì) On air dal lunedì al venerdì alle 13:00
Stiamo assistendo a qualcosa di inedito nella storia recente.
Sotto ogni aspetto stiamo navigando a vista quotidianamente e ciò che scriviamo
oggi può essere smentito domani, il mondo a cui ci adattiamo è in continuo
mutamento nella sua apparente immobilità. Le generazioni nate dalla fine degli
anni ’70 ad oggi sono più o meno abituate a mutamenti continui e vivere la
precarietà come normalità in ogni aspetto del quotidiano.
Purtroppo siamo ancora all’alba di una crisi che avrà degli
effetti economici importanti, ma anche in questo caso viviamo un inedito
contemporaneo: per la prima volta la crisi avrà origine nell’economia reale e
non nelle speculazioni della finanza, mettendo in evidenza quanto sia fondamentale
dell’attuale forma del sistema capitalista il continuo movimento di merci e
capitali. Bloccando queste cinghie di trasmissione si genera quindi il blocco
anche dell’accumulo generato dallo sfruttamento del Lavoro.
L’attuale sistema neo liberista esisterà anche post-pandemia, ma mutato e ciò che viviamo oggi è da intendere, usando una metafora poco simpatica, come un laboratorio in cui il sistema sperimenta forme di controllo e gestione della crisi che possono rivelarsi “utili” nell’immediato futuro.
In Italia si sta facendo un esperimento senza precedenti sul
terreno del controllo sociale. Il problema non è quello di mettere in
discussione le misure che sono state prese, ma ragionare su come elementi di
conflitto e lotte, dispiegandosi all’interno dello stesso campo definito dalla
pandemia, riescano ad agire in direzione contraria alle tendenze
all’autoritarismo che in una situazione come questa sono un rischio tangibile.
Nella società e nel lavoro la pandemia ha drammatizzato le
contraddizioni e le disparità che la precarietà genera da decenni.
I terreni di lotta che stanno emergendo oggi non possono
prescindere dalla riappropriazione e dello sviluppo pubblico del welfare. In
primis la sanità non potrà continuare ad essere oggetto di tagli ma di
investimenti. Tale concetto si estende anche all’istruzione (scuole e
università); ridiscutere le linee
generali di sviluppo dei sistemi educativi del paese, messi sotto durissimo
stress in questi giorni, sarà la sfida del post emergenza.
Nel lavoro sicuramente spiccano le rivendicazioni operaie di
blocco della produzione, ma emerge la totale solitudine di un mondo sempre più
ampio. La sfida è e sarà pensare ad un sindacalismo sociale per superare i
limiti di rappresentanza dei milioni di lavoratori a partita iva, intermittenti
a chiamata etc.
La pretesa, da parte di più soggetti, di un reddito di
quarantena è l’inizio di una ricomposizione delle figure sopra elencate. Tale
ricomposizione non può che ripartire dai bisogni, dopo anni di polverizzazione
dei diritti messe in atto da tutti gli attori delle politiche
concertative.
Il sistema di identificazione e respingimento dei migranti,
assimilato ormai a quello carcerario,
non più è degno di essere chiamato di accoglienza ; ad oggi entrambi
diventano una bomba a orologeria
per contagio e rivolte. È evidente come
questo non possa essere più sostenibile se non per chi continua a speculare
fomentando odio.
Ascolta l’intervista a Sandro Mezzadra tratta dalla 2° assemblea radiofonica di RadiogrAMma.
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