Ogni contrada è patria del ribelle

Sentiamo ancora i brividi sulla pelle e abbiamo ancora ben impressi gli sguardi, i sorrisi, l’energia. È ancora forte l’emozione per il corteo di Sabato 22 aprile! Un corteo partecipato e comunicativo, che ha voluto aprirsi al quartiere e condividere con la cittadinanza riflessioni e istanze che ci toccano da vicino e riguardano tutte e tutti noi. Vogliamo ringraziare le realtà che hanno aderito e preso parte, i singoli che con noi hanno manifestato, i giovani e i meno giovani, tutte e tutti che in qualche modo hanno contribuito! Abbiamo riempito in centinaia le strade di un territorio sempre più compromesso e assoggettato agli interessi di chi ci governa, perché non vogliamo più restare indifferenti e subire logiche che non ci corrispondono. Abbiamo voluto rivendicare diritti e bisogni per chiunque, senza distinzioni etniche e sociali, per una città a misura di donne e uomini e non pensata in base al tornaconto politico e ai vantaggi economici dei soliti noti. Abbiamo voluto ritrovarci e unirci, per esprimere gratitudine e onore alla memoria di partigiane e partigiani che lottarono contro la tirannia nazifascista, perché ogni giorno si tornino a rinnovare gli ideali che animarono la Resistenza e affinché ogni giorno e il futuro ci veda pronti a organizzarci e a lottare per la giustizia sociale e la libertà. Ancora grazie a tutte e tutti per aver reso grandiosa ed intensa questa manifestazione. Con la volontà di proseguire il percorso che ci ha portato in piazza Sabato 22, di confrontarci e promuovere nuove iniziative di lotta, consapevoli che ancora “fischia il vento”, vi aggiorneremo sulle prossime occasioni di incontro e iniziative.

Link podcast del corteo:

Intervento dal ponte San Giorgio durante la manifestazione

Che cosa è successo a Genova il 14 agosto 2018? In molti in quei giorni hanno voluto, fin da subito, raccontarcelo.

Nessuno di noi ha aperto un giornale per saperlo, nessun tweet da politicante ce lo ha spiegato. Alle 11.36 del 14 agosto sappiamo tutti dove eravamo e cosa facevamo perché quello che è successo , lo abbiamo vissuto!

Già nelle ore successive, mentre un silenzio di rabbia e paura ci stringeva la gola, qualcuno già urlava additando colpevoli diversi da se stesso, urlava nel tentativo di ammaestrare una rabbia che nel nostro silenzio cresceva trattenuta solo dal rispetto verso chi sopra quel ponte o sotto ha perso la vita o gli affetti.

Noi non abbiamo mai avuto tutte le certezze che in molti hanno sbandierato piangendo lacrime false tra un selfie e l’altro. Noi non abbiamo le loro certezze fatte di verità monche e capovolte, verità utili per rifarsi una verginità per dire “ io non c’ero io non sapevo”, utili per chiudere un capitolo e aprirne un altro tragico ed assassino come quello che lo ha preceduto. Non abbiamo le loro certezze ma qualcosa sappiamo: sappiamo di essere feriti ma non stupidi.

Sappiamo che a Genova non è successa una tragedia ma una strage, una strage di stato. Uno stato che, governo dopo governo , ha portato avanti da anni lo smantellamento di tutto quello che è pubblico, sostituendo benessere e sicurezza di tutti con profitto e interesse di pochi.

Sappiamo chi quelle privatizzazioni le ha volute e chi successivamente non le ha contrastate allargando sempre più le libertà delle concessioni, barattando obblighi di manutenzione con guadagni. Il partito delle privatizzazioni ha esponenti ovunque, in Regione, in Comune, alcuni di loro siedono ancora al Governo (Giorgetti, Salvini…).

Sappiamo che i soldi di Autostrade per l’Italia li hanno in tasca molti partiti. Non basta ritirare le concessioni a una società: ciò che va cambiato è il sistema che ha generato questa strage, perché quando la logica è il profitto i risultati sono quelli che abbiamo visto a Genova o tra le macerie dei terremoti, fra le lamiere dei treni in Puglia,o fra i binari della strage di Viareggio. Servizi e sicurezza non possono essere delegati: devono essere pubblici!

Sappiamo che la Gronda non avrebbe evitato la strage. Il progetto sarebbe stato pronto solo nel 2029 e il ponte sarebbe rimasto. Chi già dai primi minuti diceva il contrario mentiva sapendo di mentire, per coprire le proprie responsabilità politiche e per difendere il sistema di potere politico e affaristico che ci ha portati a questa tragedia.

Sappiamo che l’unica grande opera che oggi vogliamo è la messa in sicurezza del territorio, non la sicurezza fasulla di truppe e forze dell’ordine a caccia di poveri e migranti buona solo per la propaganda da elezioni. Vogliamo la sicurezza vera che oggi in Italia non c’è: quella di vivere e lavorare senza rischiare la vita.

Sappiamo che le pacche sulle spalle a pompieri e soccorritori non ci bastano. Bisogna fermare la privatizzazione dei servizi di emergenza e della protezione civile, ma soprattutto aumentare i salari e stabilizzare i vigili del fuoco.

Sappiamo che Genova in quei mesi è stata divisa in due da un ponte spezzato.

Ma da tempo esistono due città: una esclusiva, luccicante ad uso e consumo di bottegai e turisti, e un’altra fatta di periferie abbandonate, di quartieri dormitorio, di valli sacrificabili al progresso di pochi.

Di quei giorni purtroppo ci rimane il ricordo di come questa amministrazione ha inaugurato il “modello Genova” fatto di passerelle continue e di spiccioli con cui dividere i cittadini più colpiti. Di coloro ch andavano urlando: “Genova rialzati” ma qui siamo sempre stati in piedi per dare a queste verità voce per parlare, braccia e gambe per lottare.

Genova, la valpolcevera è ancora ferita, ma non è mai stata stupida!

Intervento lsoa Buridda

Come spazio sociale occupato e autogestito siamo qui oggi insieme ai compagni e alle compagne della valpolcevera in questa giornata importante che vede queste strade percorse tutti i giorni da Ribelli come noi.

La valpolcevera per quanto sia lontana dal nostro spazio sociale da sempre ê un territorio a noi caro che ci ha visto uniti soprattutto quando cadde il ponte morandi tempo in cui abbiamo contribuito a crearlo noi quel ponte per unire per unire i quartieri abbandonati come questo.

La valpolcevera è un territorio che costantemente lotta per portare avanti progetti culturali, sociali e politici antifascisti e per questo ci troverà sempre al suo fianco. Come spazio sociale occupato rivendicando il suo ruolo di presidio antifascista contro ogni tipo di fascismo e come cittadini e cittadine!

Perché ogni contrada possa essere patria ancora di ribelli come noi.

Giù le mani dagli spazi sociali! Ora e sempre resistenza!

I compagni e le compagne del Lsoa Buridda

Link al podcast assemblea pubblica verso il 22 aprile:

Intervento introduttivo assemblea pubblica

Da oltre 3 mesi alcuni circoli e realtà sociali della valpolcevera attive sul territorio hanno iniziato abbiamo iniziato a vederci per costruire un percorso condiviso per un corteo popolare e partecipato della valpolcevera un corteo che non si svolga centro città ma che segni un cambio di paradigma e dia voce a quei quartieri che sono sempre meno quartieri e sempre più periferie abbandonate siamo partiti dai circoli non a caso i circoli infatti sono un po’ la spina dorsale dell’organizzazione di questo corteo i circoli non a caso in questi tempi di crisi sono tra i pochi luoghi di confronto e diventano crocevia delle persone di buona volontà che si ostinano a credere che attraverso la condivisione e il mutualismo si possa iniziare a cambiare le cose.

I circoli sono spazi sociali necessari in una società e in un territorio come il nostro dove ormai tutto e svenduto al privato dallo spazio pubblico alla sanità pubblica al verde pubblico fino ad arrivare al nostro tempo libero: i nostri quartieri sono ormai teritorio di conquista per sale slot e centri commerciali infiniti

Nei quartieri della Valpolcevera sono tante le cose che non esistono più:

la parte che manca in maniera evidente è il patto implicito tra rappresentanza e collettività;

la parte che manca è la gestione della cosa pubblica, piegata, come dimostra la vicenda dei depositi chimici, a provinciali logiche di profitto;

la parte che manca è il rispetto per i cittadini e le cittadine dei quartieri che vogliono rimanere tali e non diventare una periferia dimenticata;

la parte che manca sono i servizi alle persone.

Subito dopo il 14 agosto 2018, la parte che manca del ponte Morandi, paesaggio spezzato di questa parte di città, diventa – una volta ancora – emblema di un “modello Genova” basato su passerelle e inaugurazioni che hanno funzionato e abbagliato solo fuori dal contesto del disastro.

Da quell’evento drammatico, che ancora attende di trovare responsabilità oggettive (forse anch’esse finite sotto i tappeti rossi delle inaugurazioni), è partita una scintilla che ha riunito dal basso la comunità dei quartiere: una comunità resistente.

Una comunità resistente che, stufa delle imposizioni calate dall’alto, si autorganizza e produce significato politico oltre le rappresentanze tradizionali ma che vuole provare a interloquire con esse. Una comunità resistente che nella sua composizione trasversale si propone anche come laboratorio politico per la città, un laboratorio che se saprà strutturarsi e se rimarrà in equilibrio tra tutte le sue componenti, può generare delle novità interessanti.

Vorremmo da quest’anno il 25 aprile in Val Polcevera diventi un appuntamento fondante di questa comunità resistente. Una festa popolare, una giornata di grande gioia che non ignori la situazione odierna della nostra valle. Per attualizzare la Resistenza nella nostra città, lì dove la Resistenza è nata.

Il 25 aprile non è solo un appuntamento formale, e la nostra proposta intende tenere viva la memoria della Resistenza e dei Partigiani: non solo il loro sacrificio per la Liberazione, ma anche i loro ideali e speranze di un futuro più giusto. Un momento di festa e ricordo, ma anche di rivendicazione, dove convergano tutte le tematiche che interessano i nostri territori.

Una festa SOLIDALE, di una solidarietà popolare e meticcia

Una festa ANTIMILITARISTA, contro tutte le guerre e il riarmo europeo e italiano, per la pace e la giustizia sociale, perché a pagare il conto della guerra sono sempre gli ultimi.

Una festa ANTIFASCISTA, perché sappiamo bene che il 25 aprile non è solo la liberazione nazionale dall’invasore straniero ma anche dal fascismo tutto italiano, e ricordiamo alle istituzioni cittadine che non basta fare presenza alle celebrazioni senza dichiararsi esplicitamente antifascisti.

Link podcast mandrake nel kavedio W il 25 Aprile

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