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Laboratorio Sociale Occupato Autogestito
Laboratorio Sociale Occupato Autogestito
pubblicato da Marians (Radio Kavedio)
Nella disperazione, già precedente, la quarantena si manifesta come un ulteriore scacco ad una cittadinanza già estremamente fragile e in difficoltà.
La totale mancanza di punti di riferimento, il continuo brancolare nel buio, la scarsa coesione minata da anni di emarginazione e disservizi, porta la nostra periferia a vivere in modo ancor più complesso uno dei momenti più tragici nella storia occidentale dell’uomo, dal dopoguerra ad oggi.
Le parole del presidente del consiglio perdono via via risonanza in quartieri dove, un continuo flusso mattutino di persone si riversano nelle strade con i pochi strumenti a disposizione: sciarpe, burka, mascherine da imbianchino, e altre forme bizzarre di protezione, ignare o forse insensibili a rispettare delle norme che arrivano dall’alto, che arrivano da chi per anni non ha fatto altro che creare barriere, scavare solchi, eliminare servizi, incentivare lo sviluppo della criminalità organizzata inaridendo le fondamenta della socialità.
Una quarantena che vede i tanto vituperati “minimarket etnici” a tutti gli effetti una risorsa per questa periferia sempre più canaglia, piccoli presidi che consentono ai cittadini di acquistare generi di primo consumo evitando di accalcarsi in maniera completamente incontrollata di fronte ai supermercati, soggetti quotidianamente a vere e proprie invasioni.
E nemmeno lì, nemmeno nei punti nevralgici di un certo rilievo dove troviamo concentrazioni di punti di rivendita, vi è un ausilio affinché le regole fondamentali per superare questa maledetta pandemia, vengano rispettate. Non c’è niente da fare le divise non possono proprio compiere un ruolo che sia anche educativo, non possono prescindere dal lato punitivo della loro mansione, e quindi abbiamo tante multe ai singoli trasgressori (il runner improvvisato, il cacciatore di Pokemon, il ricercatore di sostanze solo per far piccoli esempi delle dichiarazioni più bizzarre rilasciate) che non porteranno mai a nulla se non qualche euro nella casse di questa o quell’altra istituzione, senza aiutare una cittadinanza che ancora una volta si trova abbandonata a se stessa, con i suoi peccati di ignoranza e le sue velleità di essere considerata alla stregua degli altri cittadini, eliminando le permanenti differenze di trattamento.
In conclusione, da sottolineare anche la prova quotidiana che devono affrontare i lavoratori, in senso lato, tutti quelli chiamati a prestare un servizio, il medico e l’infermiere, il farmacista e l’addetto al supermercato, l’operaio e l’impiegato postale, i quali senza avere le necessarie forme di protezione stanno lì in barricata, sempre a rischio di contagio, sempre a rischio di un esaurimento nervoso, perché la paura quando è trattenuta, questo fa, fa saltare il contatto con la realtà.
I cittadini della periferia canaglia ci arrivano da soli e rispettano le norme, muovendosi solo se necessario, sfangandola come hanno sempre fatto, con le proprie risorse e stando a casa (quando possibile), aiutando gli anziani e consigliando loro di rivolgersi ai servizi di “spesa a casa”, insomma costruendo un quadrato solidale.
Prima debelleremo questo virus, prima rialzeremo la testa, prima torneremo a fare i conti, e in quel momento torneremo in piazza a richiedere fondi, per il bene pubblico, per la sanità pubblica, per gli ospedali pubblici, per il ripristino di presidi ospedalieri.
Perché alla fine, come al solito, avevamo ragione noi, da sempre.
Avanti!
Ascolta l’intervista ad Agostino Petrillo tratta dalla 2° assemblea radiofonica di RadiogrAMma
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